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domenica 17 marzo 2013

ECONOMIA: SAPER DISTINGUERE TRA FALSE E VERE SOLUZIONI

Concordiamo con chi osserva che la pur vituperata cura Monti stia producendo, a confronto con altri paesi, pure indebitati meno di noi, un miglioramento relativo della nostra situazione, facendo riferimento al tasso di crescita del debito, al debito aggregato, alla solidità patrimoniale e all'avanzo primario. E ci richiama al rischio che una minore crescita del debito, però, possa condurci ad una maggiore recessione. Pure sul fatto che la maggiore pressione fiscale porti a minore competitività e minori consumi. I dati della nostra industria manifatturiera, della meccanica, dell'agricoltura, rapportati a quelli della concorrenza internazionale, sarebbero confortanti se non fosse per il crollo del nostro mercato interno e per lo svantaggio fiscale comparato delle nostre aziende. La soluzione potrebbe essere quella di forzare i vincoli europei accelerando i pagamenti alle imprese dei debiti della PA e frenare la pressione fiscale. Ma quest'ultima , se attuata, comprometterebbe, riducendo il gettito, la possibilità, per lo Stato, così come organizzato (male) di effettuare i primi. Ecco perchè riteniamo che le vere soluzioni siano due: riorganizzare da zero la Pubblica Amministrazione perchè è solo lì che possono aversi veri risparmi e combattere e vincere la guerra contro il credit crunch iniziando, come Stato, a minacciare di esproprio e nazionalizzazione le imprese bancarie che perseverassero in questa condotta restrittiva del prestito alle imprese e alle famiglie. E' questa la vera, ultima battaglia, da vincere per riappropriarci del nostro destino. Più urgente della riforma elettorale (che non faranno), della riduzione dei costi della politica (importante per il segnale, non per le quantità) e dell'inseguimento di fantasmi analoghi.
La discriminante vera dello scenario politico nell'immediato futuro sarà tra chi vorrà veramente combattere questa guerra nello Stato e nelle Banche e chi non avrà interesse a farlo, resistendo passivamente e in maniera opportunistica ed attendista. Il contesto potrà essere di ripresa dalla crisi o , come si mormora, di fallimento e rovina, ma questo non è prevalentemente nelle nostre mani. La battaglia interna, invece, si.



domenica 10 marzo 2013

BRIDGESTONE DI MODUGNO (BA): SIAMO SOLIDALI SOLO CON I DIPENDENTI

La vicenda della Bridgestone dovrebbe svegliare i lavoratori pugliesi da un lungo sonno nel quale si sono generate varie tipologie di mostri: imprenditoriali, politici, sindacali e amministrativi. E' ovvio che un annuncio così improvviso abbia spiazzato tutti. Quello che invece è sospetta è la solidarietà pelosa di tutti gli altri soggetti di cui sopra e il polverone mediatico. Come se qualcuno avesse interesse ad aumentare la confusione temendo che, a partire dalla riunione che si terrà il 14 marzo al Ministero dello Sviluppo Economico (come del resto avvenuto per tutte le altre crisi aziendali) emergano, dai dati presentati dalla multinazionale giapponese, responsabilità precise della classe dirigente italiana e dei suoi sodali sindacali e locali. E la Puglia non è una regione qualsiasi, lo si è visto nelle recenti tornate elettorali, lo si è cominciato a capire dalla vicenda dell'ILVA di Taranto. Questa regione può diventare, è l'impressione di tutti gli osservatori, il casus belli, l'inizio della fine per il sistema italia, l'epicentro della scossa che scatenerà lo tsunami definitivo.Era meglio che l'annuncio fosse stato dato o no, relativamente alle intenzioni? In queste cose non è meglio la chiarezza piuttosto che il solito minestrone all'Italiana? E come mai il propagandato nuovo modello di sviluppo concepito da colui che governa la regione da otto anni, dopo tutto questo tempo non ha saputo creare alternative locali allo sviluppo portato dalle multinazionali? Ci auguriamo che alla fine la Bridgestone non chiuda ma auspichiamo anche che esca fuori la verità sul motivo della decisione dell'Azienda in modo che chi sarebbe esposto alle peggiori conseguenze possa trarre le sue conclusioni sulle capacità dei sindacati che ha scelto come rappresentanti e dei politici che ha scelto come amministratori locali, parlamentari e ministri di pensare a idee alternative di sviluppo che creino posti di lavoro durevoli.